Il vento
delle mie dita
sfiorano i morbidi
gradini dei tuoi seni,
fino alle punte
trionfali
dei capezzoli,
facendo
del mio corpo
un vibrante arco
teso
dalla spinta cieca
del desiderio;
Percorre
dolcemente
il morbido ventre,
lo sfiora,
quasi fosse una verde
pianura,
girando intorno
all'ombelico,
vuota conchiglia
dal sapore
di mare;
Infine,
come soave zefiro,
si avvicina
alla nuda
valle di carne,
al suo fiore segreto,
rosa purpurea
dai morbidi, umidi
petali,
misterioso e caldo
labirinto
di femmina;
Giunge
in lunghi soffi,
diventa
timida burrasca,
implacabile
sferza
il tenero chicco
di rubino pallido,
fino a quando,
vinto,
mi abbandono,
mentre
dall'arida gola
esce il rauco grido
della pioggia
che finalmente cade
in mille liquide lance
sulla sua carne
assetata.
E sono onda,
lago,
mare...
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